Gli sconfitti – Pietà

Farsi amare per pietà, quando l’amore nasce solo dall’ammirazione, è un’idea molto degna di pietà.

Cesare Pavese, Il mestiere di vivere.

«Sto pensando con sempre maggiore insistenza alla possibilità di iniziare una relazione seria e stabile con Anna».
«Come? Ma se hai detto che non ti piace».
«Diciamo che non rientra nei miei ideali canoni estetici. Non è una bellezza, è vero, e pensare che prima di incontrarla la chiamavo la mia Nastas’ja Filippovna, però…».
«Però?».
«Dunque, lei è così infatuata, invaghita di me da provare nei miei confronti un’autentica devozione. Devozione che non si vergogna di manifestare in ogni istante, e sai quanto ciò sia raro in una donna».
«Rarissimo».
«Esatto. Insomma, lei ritiene bello e giusto tutto quello che scrivo e tutto quello che faccio. Se dipendesse da Anna, pur non avendo pubblicato ancora nulla, avrei già ottenuto il premio Nobel. Ha un carattere molto, ma molto simile al mio, ama la letteratura, la storia – del resto, è laureata in archeologia – ed è incredibilmente intelligente».
«Ma non ti piace».
«Esteticamente».
«E ti sembra una cosa di poco conto?».
«Da qualche giorno, contrariamente a quanto ho pensato per un’intera vita, inizia a sembrarmi davvero un dettaglio trascurabile, anzi, del tutto insignificante».
«È la solitudine che ti fa parlare così».
«Forse. È vero, i nostri sentimenti sono differenti…».
«Tu provi solamente pietà per lei, nient’altro».
«E reputi la pietà un sentimento meno nobile, oppure meno potente dell’amore?».
«No… Ma come può una relazione tra un uomo ed una donna fondarsi solamente sulla pietà?».
«Il principe Myškin non ama forse Nastas’ja Filippovna per pietà? E l’amico e rivale Rogozin non teme forse che la pietà del principe possa essere più forte del suo sconfinato e devastante amore?».
«Certo… Certo. Ma tu non le hai già detto che, dopo il vostro primo e, fino ad ora, unico incontro era tutto finito?».
«Sì».
«E come ha reagito?».
«Male, malissimo. Si è indignata, inviperita, mi ha ingiuriato rinfacciandomi che l’avevo sedotta solamente per portarla a letto e poi abbandonarla. Io non mi sono spinto tanto oltre, non l’avrei mai fatto… Io non le ho dato che baci, e basta. Comunque, Anna non pensava neppure una sola parola di quello che mi ha detto».
«Ne sei così sicuro?».
«Sicurissimo. E sono in possesso anche della dimostrazione. Questa è la dimostrazione, la lettera che mi ha inviato oggi, esattamente una settimana dopo la nostra burrascosa e violenta separazione».
«Il tono è conciliante?».
«Molto conciliante. Ascolta tu stesso, te la leggo.

Caro Simone,
scusami se ti scrivo, ma ero tentata da un po’. Appena tornata a Pisa ho terminato la lettura de L’idiota e mi si è subito accesa una lampadina… Credo di aver finalmente capito perché mi definivi la tua Nastas’ja. In realtà, già mentre leggevo il romanzo mi sono sorti dei dubbi che avrei sempre voluto esporti. Ma ho preferito tenerli per me.
Forse, se te ne avessi parlato, ti avrei capito veramente e fino in fondo.
Lungi da me l’idea di volerti far cambiare idea, spero che tu questo l’abbia capito. Ma sai come sono fatta, non sempre riesco a tenermi le cose e quindi, se non ti avessi parlato di questo, sarei rimasta con il rimpianto ed il dubbio per sempre.
Anche se rimarrò comunque sempre con il rimpianto di non essere riuscita a discutere di questa cosa con te… Perché mi ha sempre affascinato il tuo modo di vedere le cose.
Scusami ancora e spero che questa mia lettera non ti turbi oppure ti infastidisca.
Ti auguro tutta la fortuna di questo mondo, spero che riuscirai a diventare un poeta celebre, così almeno potrò vantarmi di essere stata la tua Musa, anche solo per poco.
Tua,
Anna

Questo è quanto».
«Da queste poche righe sembrerebbe addirittura innamorata di te».
«Questo non lo so».
«Non temi che possa offendersi? Che possa reputare un’offesa, uno smacco il tuo sentimento di pietà?».
«Affatto. È impossibile. Ricordi quando Zeno sposa Augusta, pur amando follemente la sorella?».
«Sì, lo ricordo».
«E ricordi le esatte parole che pronuncia la donna al neo marito?».
«Non esattamente».
«Ascoltami bene e fai attenzione. Subito dopo il matrimonio, Augusta dice a Zeno questa meravigliosa e commovente frase, fulgente manifestazione della sua grandezza: “Non dimenticherò mai che, pur non amandomi, mi sposasti”».
«Gli è riconoscente».
«Esattamente! Augusta è riconoscente a Zeno pur essendo consapevole che lui non la ama! E sono convinto, anzi, straconvinto di trovare in Anna questa stessa, grandiosa riconoscenza».
«Ma perché, perché quest’improvvisa decisione di intraprendere una relazione? Non hai mai sofferto la solitudine, anzi, l’hai sempre rivendicata con forza ed orgoglio. Mi hai sempre detto: “Il dovere di un uomo solo è di essere ancora più solo” [1]».
«La conoscenza di Anna ha inciso molto, moltissimo. Vedi, io mi trovo in una fase cruciale della mia esistenza, in cui le relazioni fugaci e puramente fisiche non hanno più alcun valore, non mi interessano più. Utilizzando una fantasiosa metafora, ispirata dalla gravida antichità, diciamo che sto passando da misteri dionisiaci, corporali, sessuali, ma sostanzialmente vuoti ed inutili, ai misteri orfici, più spirituali e, di conseguenza, più ricchi.
Ho avuto la fortuna di incontrare Anna, alla quale mi sono sentito subito legato, a causa di una profonda e piacevolissima affinità intellettuale. Certo, in questi mesi di sole lettere, di sole parole, l’ho inevitabilmente idealizzata, credendola dotata di una bellezza straordinaria, miracolosa, tanto da definirla la mia Nastas’ja Filippovna, magnifico emblema della più grande bellezza. Incontrandola ho constatato la vera realtà dei fatti. Non è affatto bella, come ti ho già detto, lo ammetto, eppure questo non mi ha impedito di baciarla più e più volte, per tre ore di fila, alla stazione, davanti a tutti. Ero sicuramente preda di un impeto fisico non indifferente, non lo nego, che al momento della nostra separazione, a mente fredda, ragionando un poco, si è subito dissipato, dissolto nell’aria come il fumo di questa sigaretta. Tant’è che il giorno seguente le ho confessato senza alcun indugio la mia intenzione di non rivederla più.
In questi giorni però ho riflettuto molto. Sono giunto all’amara, ma veritiera conclusione che dalla vita non si può avere tutto. La donna ideale non esiste, non può esistere. Anna è la metà della mia donna ideale ed io mi accontento di questa porzione, che reputo comunque cospicua, addirittura quasi eccezionale. Tanto, questi anni di profonda e totale solitudine mi hanno insegnato che non posso ambire al mio ideale estetico, ahimè, troppo elevato. Non ne sono all’altezza… E nel vero senso della parola…».
«Bah. Sarà… Io continuo ad essere scettico, perplesso».
«Io comprendo benissimo il tuo scetticismo, le tue perplessità, ma…».
«Ma?».
«Ricorda uno dei grandi messaggi de L’idiota, forse il più grande – e nota bene che lo reputavo tale anche prima di trovarmi in questa singolare situazione: la pietà può essere più forte dell’amore. E magari, con il tempo, mi innamorerò persino di Anna. Del resto, quale altra donna acconsentirebbe ad amarmi oltre lei? Non credo che sulla faccia della terra possa esisterne un’altra. E devo tenermela stretta, se non voglio trascorrere completamente solo come un cane il resto della mia vita, di per sé già misera. Lei può rappresentare una luce. Ora non è che un flebile lumicino, come quelli che ornano i cimiteri, non escludo che, con il tempo, potrà mutare in lampo. In uno di quei lampi che, durante una violenta tempesta, squarciano la notte ed illuminano a giorno».

NOTE

[1] Emil Cioran, Lacrime e santi, 1937.

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